Esiste un grande aspetto dello yoga, sempre meno diffuso, che ha a che fare con un lavoro interiore e profondo che non si fa sul tappetino mentre muoviamo il corpo e respiriamo, ma che si compie nella vita, mentre la viviamo in ogni suo istante.
Lo yoga, infatti, è molto più che piegarsi in strane posizioni e la pratica regolare non influenza solo il corpo e le sue funzionalità, ma anche la mente, quindi le nostre prospettive sulla vita e le scelte che facciamo.
Per questo, oltre alla pratica sul tappetino, ci sono molte cose che meritano di essere approfondite per portare lo yoga davvero dentro le nostre vite.
Per riuscire in questo intento è molto utile esplorare alcuni concetti che fanno parte della sua immensa filosofia, come Yama e Niyama, strumenti che aiutano a prestare attenzione a come viviamo quotidianamente, con gli altri e con noi stessi e sono fonte di grande ispirazione per vivere una vita felice.
Cosa sono gli yama
Oggi, in particolare, ci concentreremo sugli Yama.
La parola “yama” deriva dal sanscrito e significa “briglie” o “redini” e viene spesso tradotta semplicemente con “restrizioni”.
Si tratta di principi etici e rappresentano una guida preziosa per coltivare relazioni più sane con noi stessi, con gli altri e con il mondo che ci circonda.
Li ritroviamo nel testo “Gli Yoga Sutra di Patanjali”, una guida completa su come vivere e muoversi lungo il percorso della pratica, in cui i primi passi si concentrano proprio su come agiamo nel mondo e come agiamo verso noi stessi, ancor prima di iniziare a muoverci tra le varie asana.
Queste cinque “raccomandazioni” sono il fondamento di una vita yogica autentica, perché ci insegnano a vivere con rispetto, integrità e compassione.
I 5 Yama
Approfondiamo insieme ciascuno dei Yama.
Partiamo dal primo:
Ahimsa: non violenza
Si tratta di un invito ad evitare pensieri o azioni che potrebbero danneggiare gli altri, inclusi se stessi e la natura. Ahimsa è considerato anche un invito a praticare la compassione e il non giudizio, accettare gli eventi così come sono, con cuore aperto e lasciar andare reazioni istintive nelle situazioni difficili.
Sul tappetino si pratica ahimsa trattando il corpo con gentilezza e osservando i propri limiti. Oltre il tappetino ci si può esercitare ad essere più gentili, ad accettarsi e accettare, a perdonarsi e a perdonare.
Asteya: non rubare
Non prendere nulla che non sia stato dato volontariamente, ma anche non commettere o essere complici di furti, sfruttamento e oppressione. Non si riferisce soltanto ai beni materiali, ma anche all’ambiente e alle risorse altrui, tra cui tempo ed energia.
Permette di rivolgere la consapevolezza a ciò che abbiamo, piuttosto che a ciò che ci manca e porta anche a non dipendere dagli altri per risorse come il tempo, l’energia o i beni materiali.
Un ottimo modo per entrare in contatto con questo yama è, ad esempio, praticare la gratitudine.
Satya: verità in parole, pensieri e azioni
Satya significa astenersi dal dire bugie, parlare con gentilezza, compassione e chiarezza.
Nella pratica yoga, sii onesto con te stesso osservando il tuo corpo e onorando i tuoi limiti e oltre il tappetino osserva la realtà senza giudizio, impara a riconoscere le tue paure e le altre emozioni che spingono a distorcere la realtà. Tutto questo ti permetterà di guardare più in profondità nei tuoi bisogni e desideri e manifestare la parte più vera di te, la tua vera essenza.
Aparigraha: non avidità, non possessività e non attaccamento
Una massima yogica dice: “Tutte le cose del mondo sono da usare, ma non da possedere”.
Aparigraha fa riferimento alla non possessività: aiuta a raggiungere una relazione equilibrata con ciò che “possediamo”, riferendosi non solo agli oggetti, ma anche alle persone, alle azioni, ai pensieri, all’immagine che manifestiamo di noi stessi. Quando facciamo buon uso dei beni che abbiamo e ne godiamo senza diventare emotivamente dipendenti da essi, questi non possono esercitare alcun potere su di noi.
Possiamo praticare aparigraha lasciando andare le aspettative e gli attaccamenti, provando a non riempire la vita di “cose”, compresi pensieri e preoccupazioni, ma cercando di essere felici di ciò che abbiamo.
Brahmacharya: conservazione dell’energia, moderazione
Tra tutti gli yama, questo è il più controverso. Brahmacharya è spesso tradotto come “castità” ma, in realtà, fa riferimento al dirigere l’energia lontano dai desideri esterni e a trovare pace e felicità dentro di noi.
Questo yama ci aiuta a diventare più sani, più saggi e più forti poiché quando abbiamo il controllo sui nostri impulsi e sui nostri sensi, otteniamo conoscenza, vigore e maggiore energia.
Conclusioni
Ricorda sempre che tutto ciò che facciamo sul tappetino porta di certo grandissimi benefici, ma una pratica completa non è fatta di solo movimento, respiro e concentrazione, è anche portare tutto quello che otteniamo con noi quando mettiamo via il tappetino.
Gli Yama ci insegnano che lo yoga è un modo di vivere che abbraccia ogni aspetto della nostra esistenza; quando iniziamo a integrarli nella nostra vita quotidiana, ci accorgiamo di quanto possano trasformare non solo il nostro modo di praticare sul tappetino, ma anche le nostre relazioni, i nostri pensieri e le nostre azioni.
Porta con te questi principi, non solo nella pratica, ma in ogni momento della giornata. Lascia che diventino un faro che illumina il tuo cammino, ti aiuteranno a vivere con più consapevolezza e gioia.